Secondo spunto per una pedalata in città: questa volta andremo sui luoghi che hanno ospitato l’Expo di Bologna nel 1888.

Il percorso parte da Piazza Maggiore e prevede 4 tappe con le relative descrizioni dei luoghi e degli avvenimenti legati a questa manifestazione: Giardini Margherita, San Michele in Bosco, Via Irnerio e la Montagnola.

Questo è il link del tracciato:

Buon divertimento!

PIAZZA MAGGIORE
Il 1800 fu il secolo delle grandi Esposizioni internazionali, un momento di incontro, confronto, commercializzazione e divulgazione tra i diversi processi di industrializzazione. Il primo grande evento si ebbe a Londra con la grande esposizione del 1851, ospitata nel Crystal Palace, un’enorme serra di ferro e cristallo costruita in Hyde Park da Joseph Paxton. In questa manifestazione si esibivano con grande enfasi tutti i simboli della nascente industria: la più potente macchina a vapore, l’elettricità, le macchine per l’estrazione mineraria, quelle dell’industria tessile, ecc.  Di fronte al Crystal Palace fu costruito il “Gastronomic Symposium of all nations” che ospitò migliaia dii visitatori per gustare cibi provenienti da tutto il mondo.
L’evento ebbe un grande successo tant’è che a questa si succedettero parecchie altre esposizioni: a New York nel 1853, Parigi nel 1855 per citarne alcune. Anche in Italia Roma, Milano e Torino organizzarono alcune esposizioni nazionali e internazionali.
Anche a Bologna nacque l’idea di organizzare un evento simile, un po’ per uscire dal provincialismo e affrontare la modernità, un po’ perché alcuni cittadini (il conte Enrico Gommi e il Marchese Camillo Pizzardi) progettavano un’esposizione internazionale della Musica, un po’perché si sentiva la necessità di promuovere lo sviluppo delle attività della città. Non ultimo nel 1888 cadeva l’anniversario dell’VIII centenario dell’università di Bologna, rappresentata all’epoca dal rettore Enrico Cappellini, Giosuè Carducci e il poeta Enrico Panzacchi.
L’esposizione emiliana del 1888 (così ufficialmente chiamata) fu un evento di importanza nazionale, alla cui inaugurazione il 6 maggio presenziarono il re Umberto I, la consorte Margherita di Savoia e il Presidente del Consiglio Francesco Crispi oltre a numerosi personaggi illustri. Anche la Madonna di San Luca discendeva dal suo santuario fino in piazza condotta in processione dal clero bolognese per dare la sua benedizione all’evento. La famiglia reale fu impegnata in un giro inaugurale di tutti i padiglioni che erano locati nei Giardini Margherita e a S. Michele in Bosco, fino a partecipare ad una gran festa popolare con luci, bande e fuochi artificiali alla Montagnola.
 Il 12 giugno del 1888 si inaugurava in Piazza Maggiore anche la statua equestre di Vittorio Emanuele II oggi posta ai Giardini Margherita.

GIARDINI MARGHERITA
L’ingresso principale della manifestazione si trovava di fronte a Porta Santo Stefano ed era costituita da due eleganti  porte ornate da statue. Da qui attraversando un viale si giungeva ai padiglioni principali: quello dell’Agricoltura, quello della Musica e quello dell’industria. Davanti ad essi spiccava una grande fontana, opera scultorea di Diego Sarti. Il padiglione dell’agricoltura aveva l’aspetto di un enorme chalet svizzero. Era in legno e muratura e conteneva i prodotti della lavorazione della canapa, caratteristici della regione, un’esposizione di più di 110 varietà di frutti, il ciclo di produzione dei caseifici e materiali legati al lavoro in campagna. L’esposizione dell’agricoltura aveva una connotazione regionale.
Era invece un’esposizione internazionale quella della musica, ospitata in un edificio dalle linee neorinascimentali. Era dotata di un ampio salone circolare sormontato da una cupola in grado di ospitare più di 2000 persone. Qui si tennero numerosi concerti che videro coinvolti musicisti e direttori d’orchestra di fama mondiale. Giuseppe Verdi fu nominato Presidente onorario, ma in realtà la carica effettiva fu data ad Arrigo Boito. Nelle sale accanto vi erano esposizioni di strumenti e documenti di ogni genere ed epoca che raccontavano la storia della musica.
Il padiglione più visitato fu però quello dell’industria: vi era il chiosco della Majani che confezionava i suoi prodotti sul posto, quello del guantaio Beau tutto realizzato in cuoio, quello dei produttori di mortadella che esponeva un esemplare di 150 kg.  Affascinò molto i visitatori il comparto del packaging con scatolette con loghi e medaglie dell’esposizione, e quello  della meccanica che esponeva cronografi, telefoni, macchine a vapore e altre mirabolanti invenzioni.
Sparsi lungo i giardini Margherita vi erano numerose altre costruzioni: quello del club alpino, quello dell’apicoltura, quello della Croce Rossa e diversi chioschi che vendevano souvenir, tabacchi, giornali. E ancora ristoranti, birrerie, un café chantant, le montagne russe e un pallone aerostatico su cui compiere un giro aereo.

SAN MICHELE IN BOSCO
All’interno del convento degli Olivetani, divenuto  villa del Cardinale Legato nel 1829, poi villa reale fu allestita l’esposizione delle Belle arti, che aveva un carattere nazionale. Al suo ingresso fu allestito un arco di trionfo riccamente scolpito.
Qui erano presenti una mostra didattica, una mostra del Risorgimento, una d’arte storica e poi quella di belle arti suddivisa in tre sezioni: pittura, architettura e scultura.
Le opere esposte erano tutte originali e suddivise per regioni in modo che risaltassero i caratteri  peculiari di ognuna di esse.
Si aggiunse anche un’esposizione di Arte applicate all’Industria che ne riconobbe l’importanza e che portò qualche anno dopo Alfonso Rubbiani a fondare l’Aemilia ars.
Per collegare i Giardini Margherita alla sede di San Michele in Bosco era stato allestito un tram a vapore: si trattava di una novità che stupì molto soprattutto perché arrivava proprio in cima alla salita e permetteva di evitare molta fatica. Altro clamore suscitò una funicolare  che da Porta D’Azeglio si arrampicava fino alla chiesa.

VIA IRNERIO
A partire dal 1 luglio  1887 erano stati i bandi per partecipare all’evento ed erano stati inviati ai licei musicali, alle accademie di Belle Arti e si era organizzata la logistica delle spedizioni dei materiali, con agevolazioni alle ferrovie locali. Contemporaneamente i cinque quotidiani bolognesi dell’epoca, promossero l’evento sia in Italia che all’estero. Si organizzarono appalti per realizzare manifesti pubblicitari, cartoline, guide, pubblicazioni. Cesare Zanichelli propose di editare a proprie spese una guida dell’esposizione. Un ruolo rilevante per la promozione dell’evento l’ebbero anche i fotografi , in particolare Pietro Poppi, nominato fotografo ufficiale grazie al quale ci è giunta la testimonianza delle architetture effimere dell’esposizione bolognese.
Come è accaduto per l’Expo di Milano, un mese prima dell’ inaugurazione ufficiale pareva che i lavori fossero talmente indietro che non si sarebbero ultimati. Addirittura filtrava la pioggia dal tetto di alcuni edifici che ricordo erano temporanei quindi destinati a essere smontati a fine novembre 1888.  Invece in poco tempo si completarono i padiglioni , si sistemarono i Giardini e tutto fu pronto!

GIARDINO DELLA MONTAGNOLA
Come precedentemente detto, tutti i padiglioni furono smontati. Di quell’esposizione resta la fontana di Diego Sarti che fu smontata e rimontata con una disposizione diversa all’interno dei giardini della Montagnola. Pare che molti bolognesi volessero che rimanesse anche l’edificio della Musica, che tra l’altro godeva di un’ottima acustica, ma una nobildonna che abitava in una villa adiacente e che ne aveva dato il permesso per la costruzione a patto che fosse temporanea, si rifiutò di concederne il permesso perché rovinava la visuale di casa sua.
Anche nelle Esposizioni precedenti i vari padiglioni venivano smontati. Per esempio il Crystal Palace di Londra fu smontato e ricostruito in un altro punto della città ed ebbe numerosi impieghi: fu sede di manifestazioni sportive, di un’esposizione di dinosauri, di esercitazioni da parte della marina britannica. Fu completamente distrutto da un incendio nel 1936 divampato all’interno probabilmente a causa di un corto circuito. Come disse Churchill la sua distruzione segnò anche la fine di un’epoca.