Articolo su IL TIRRENO di Alfredo De Girolamo
Oggi, 15 febbraio 2018, è una data da segnare in agenda, perché coincide con l’inizio – si spera – di una rivoluzione. Entra in vigore la legge Quadro sulla Mobilità Urbana, una norma cardine che impone a tutte le Amministrazioni pubbliche dal livello nazionale a quello comunale, passando per le regioni, di pianificare la mobilità ciclistica delle proprie strade al medesimo livello in cui vengono considerate le reti di trasporto per treni, tranvie e autobus. Inoltre, i regolamenti edilizi dovranno prevedere spazi comuni e attrezzati per il deposito di biciclette.
Una rivoluzione vera e propria, dunque, che ha come obiettivo primario migliorare la qualità ambientale e la vivibilità delle città, senza dimenticare che è un veicolo turistico di primaria importanza. Così facendo, l’Italia punta a colmare un gap con il resto d’Europa che, relativamente alla cosiddetta mobilità dolce, è al momento impietoso. Due città su tutte guidano l’eccellenza europea, sono Copenaghen e Amsterdam. La città danese, forte di investimenti pubblici annuali di circa 15 milioni di euro, ha portato a superare la quota del 50% degli spostamenti giornalieri sulle due ruote, combattendo anche il clima rigido di quelle zone, che certo non invoglia a inforcare la bici. In Olanda invece, la capitale ha una rete ciclabile che si estende per oltre 500 km ed è stata la prima in Europa ad avviare l’onda verde per le bici, ovvero percorsi che se coperti tra i 15 e i 18 km/h, permettono ai ciclisti di non fermarsi mai. La green wave per le biciclette è una realtà anche nell’austriaca Vienna, dove in alcune delle arterie più trafficate della città sono stati posizionati dei cartelli che rilevano la velocità del ciclista (un po’ come i rilevatori di velocità per le automobili presenti in Italia) per poi dargli all’istante la velocità che dovrebbe tenere per trovare verde al prossimo semaforo.
A Barcellona è presente il sistema di bike sharing più efficiente al mondo, mentre Oslo, in Norvegia, grazie al progetto che prevede al 2020 di eliminare il traffico automobilistico nel centro storico in favore delle sole biciclette, ha vinto il premio di Capitale Verde Europea assegnato dalla Commissione europea. Anche gli Stati Uniti d’America, notoriamente il Paese con il maggior numero di auto al mondo, stanno progettando una mini rivoluzione sulla green wave per le biciclette, testata ad esempio a Chicago e San Francisco.
In Italia ancora siamo un passo indietro, ma in una logica di smart city molto si sta facendo soprattutto su car e bike sharing e pooling, ma poco su questo argomento. I risultati si vedono: secondo l’Istat, appena il 3,6% degli spostamenti urbani avviene in bici, una percentuale statica da un decennio, mentre pochissime città – Bolzano, Pesaro, Ferrara, Treviso, Reggio Emilia – superano il 20%. L’entrata in vigore della legge è dunque uno spartitraffico. L’obbligo di programmare una mobilità urbana sostenibile parte già da progetti importanti, come quella della ciclovia a Genova da Levante a Ponente, e da quelli già vincenti, come la pista ciclabile transfrontaliera tra Italia e Austria, dal Friuli a Salisburgo, di 425 km (175 in territorio italiano). Circa 15 i milioni di euro subito disponibili per le regioni per la realizzazione e messa in sicurezza di 70 percorsi ciclabili.
La programmazione della legge è triennale, e prevede la realizzazione di una rete infrastrutturale nazionale dedicata chiamata Bicitalia: 20mila chilometri lungo tutto il Belpaese, una rete connessa con le altre reti infrastrutturali, con le aree naturali protette e percorsi naturali dedicati (sentieri, ippovie, ferrovie turistiche) e che dovrà attraversare tutti i capoluoghi di Regione, raggiungendo i centri storici delle principali città. È così che l’Italia punta ad accodarsi alla rivoluzione della mobilità su due ruote, agganciandosi al resto d’Europa, pedalando così sulla strada del suo sviluppo.